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13/04/2016 nazionali

CASSAZIONE E GIP DI BERGAMO, BRUTTA ARIA PER I GIORNALISTI

 

Da Torino-Roma per finire a Bergamo, giornalisti sotto tiro. Due casi molto diversi, ma che meritano entrambi la massima pubblicità.

«È incomprensibile la decisione della Corte di Cassazione di confermare la condanna alla giornalista Flavia Mosca Goretta, sanzionata dal tribunale di Torino per essersi “introdotta nell’area interdetta per acquisire notizie utili, pur potendole acquisirle anche diversamente” in occasione di una delle manifestazioni di protesta degli attivisti “NoTav” in Val di Susa», commentano il segretario generale Raffaele Lorusso e il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti. 

«In attesa di leggere le motivazioni della sentenza – spiegano i vertici del sindacato dei giornalisti – desta preoccupazione che i giudici della Suprema Corte abbiano rifiutato la richiesta di annullare il pronunciamento del foro piemontese riconoscendo, in pratica, un limite al diritto dei cittadini ad essere informati in maniera completa e corretta». 

Se ai giornalisti viene preclusa «la possibilità di essere testimoni di un evento, come possono adempiere al loro compito di raccontare i fatti e contribuire così alla formazione di una opinione pubblica matura e informata, pilastro di ogni democrazia compiuta?», chiedono Lorusso e Giulietti.  «Restiamo convinti – concludono segretario generale e presidente – che nessun bavaglio possa né debba essere imposto a chi lavora per fornire ai cittadini notizie utili su temi di pubblico interesse e di rilevanza sociale». 

Anche il presidente dell'Unci (Unione cronisti italiani), Alessandro Galimberti, parla di  «aberrazione giuridica che ignora la Costituzione e il Codice penale» . La conferma della condanna di Flavia Mosca Goretta – accusata di essersi introdotta in una manifestazione non autorizzata per acquisire informazioni “che avrebbe potuto ottenere in altro modo” (!) è un segnale sinistro per l’informazione. In attesa della motivazione dei giudici della Cassazione, desta comunque sconcerto il fatto che sia stata ignorata la clausola di non punibilità dell’articolo 51 del codice penale, che prevede l’esclusione della pena quando chi ha commesso il fatto “ha esercitato un diritto o adempiuto un dovere”.  Se il diritto a essere informati, e perciò a informare compiutamente, ha rango costituzionale – come ormai universalmente accettato nelle democrazie occidentali – è sorprendente che la magistratura di ultima istanza dimentichi di riconoscere il ruolo e la funzione costituzionale dei giornalisti, portatori di quel diritto, valutando inoltre discrezionalmente quello che il cronista può/non può/dovrebbe fare. È evidente che contro una simile aberrazione giuridica l’Unci, che esprime piena solidarietà alla collega di Radio Popolare, valuterà ogni possibile ulteriore ricorso in sede sovranazionale.

Non meno stupefacente il caso del giornalista della Gazzetta dello Sport, Roberto Pelucchi, i cui diffamatori - ben noti ultrà dell'Atalanta calcio - l'hanno ancora una volta fatta franca nonostante una lunga sfilza di precedenti a tema.

«È grave e inaccettabile che un giudice possa considerare di “particolare tenuità” gli insulti e le ingiurie che alcuni sedicenti ultrà dell’Atalanta hanno rivolto al collega Roberto Pelucchi della “Gazzetta dello Sport”, al quale va la solidarietà del sindacato dei giornalisti italiani», dichiarano Lorusso, Giulietti e  il presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, Paolo Perucchini.

L'archiviazione dell’indagine a carico dei tifosi nerazzurri rappresenta una decisione «ancora più grave – osservano i rappresentanti sindacali – in quanto il gip Tino Palestra ha rilevato che definire “uomo di merda” un giornalista deve ricondursi quantitativamente entro i limiti della particolare tenuità “perché in ambito sportivo un insulto generico ci può anche stare”». 

Secondo Fnsi e Alg, infatti, con queste parole il giudice «ha di fatto sdoganato la libertà di insultare i cronisti che fanno il proprio dovere, riportando indietro le lancette della storia e cancellando con un colpo di spugna le battaglie di chi si sforza di allontanare la violenza verbale dai luoghi in cui si celebrano eventi sportivi perché anticamera dell’aggressione e della violenza fisica».

Ancona, 13 aprile 2016