Spacca e Ceriscioli al Sigim: "Informazione è democrazia"
ANCONA – Un confronto serrato sul tema dell’informazione, sul come informare e su come garantire la pluralità in una regione che da fiore all’occhiello si sta trasformando in fanalino di coda (servizio del Tgr Marche).
Su una cosa Gian Mario Spacca e Luca Ceriscioli sono d'accordo: senza una ripresa economica delle Marche, sarà difficile se non impossibile un rilancio dell'informazione regionale, delle aziende editoriali della carta stampata, dell'emittenza e del web che producono notizie. Ed è altrettanto impossibile che l'ente Regione, oggi il quarto editore delle Marche, possa mettere a disposizione fondi propri a sostegno del settore. I due candidati alla guida delle Marche, il governatore uscente Gian Mario Spacca (Marche 2020-Ap e Fi) e l'ex sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli (centrosinistra) si sono confrontati a distanza negli Stati generali dell'Informazione regionale, promossi dal Sigim, il Sindacato dei Giornalisti, all’interno dell’assemblea annuale.
Nessuno scambio diretto, salvo una stretta di mano e una foto insieme. Si è parlato di chiusure di sedi locali di quotidiani, a rischio le sedi di Pesaro e Ascoli del Messaggero, di riforma della Rai e frequenze tv, di centri media e delle opportunità e rischi del web.
Per Spacca “la questione delle questioni resta la necessità di ricominciare a produrre reddito, in una regione che ha perso dieci punti di ricchezza in sei anni”. Se le Marche ricominceranno a correre, anche le iniziative editoriali ne beneficeranno, considerando le prospettive di sviluppo della rivoluzione digitale. “Lo spazio per costruire informazione di servizio è enorme” ha detto il presidente. Un tema approfondito dal segretario del Sigim Giovanni Rossi che ha ribadito come ““le potenzialità dell'informazione locale siano altissime”.
Per Luca Ceriscioli la difesa della pluralità dell'informazione “è una battaglia a metà strada fra la tenuta economica e la tenuta democratica del Paese. Mantenere più voci attive è il sale della democrazia, ma l'impegno più grande è la ripartenza economica”. È per questo che il candidato del Pd immagina di investire risorse, sempre in calo, in primis sulle nuove imprese e il sociale, puntando invece sui Fondi europei per investire sui nuovi media. L'informazione è un bene comune? “Nei Paesi dove non lo è mi pare non si viva bene. Ma, come dice Umberto Eco, il tema è l'enorme quantità di dati e notizie che vengono diffusi e la scarsa verifica di verità che spesso li accompagna”.
Gli interventi
Giovanni Rossi, segretario Sigim
"Siamo una categoria che cerca punti di riferimento in un mondo che cambia, che sta in provincia e non in aree metropolitane, che soffre di più di chi sta al centro. L'informazione belle Marche qualche anno fa era più articolata territorialmente presente e meglio remunerata. Quale futuro dell'informazione regionale che non ha ancora trovato modelli di business convincente? In periferia non ci sono agenzie, in provincia i cronisti sono fonte primaria. Le redazioni si sono quasi dimezzate, anche per presenze di redattori. Il nostro sarebbe un lavoro di rapporto diretto con le fonti del territorio: impossibile stando in redazione. C'è quasi un patto leonino: entri in un giornale e rischi di uscire dal lavoro, perché ormai si fa solo confenzionamento di desk sul lavoro della porzione dei lavoratori più debole, più rischio, meno protetta. Sembra un circolo vizioso da quale non si riesce più a uscire".
Rossi continua: "Abbiamo meno rapporti diretti con le fonti di 30 anni fa, quando stava finendo il piombo. Ora c'è un copia-incolla ossessivo. Non è un'accusa a noi stessi ma una presa d'atto per porre in discussione questo modello, che non produce giornalisti remunerati, un giornalismo qualificato e una informazione qualificata. Le Marche al plurale è un luogo comune che ci ha anche stancato. Non abbiamo più i numeri per fare l'informazione che vorremmo. Ora dobbiamo inventarci qualcosa di diverso. Come possiamo uscire? Parlandone. Sono rimasti tre giornali, due sono dello stesso editore, che ci vedono come piccola colonia, gruppi radicati per interesse. Non hanno scambi da fare. Mantengono la territorialità. Io respiro una sensazione stanchezza profonda. Dobbiamo reagire collettivamente. C'è bisogno di una spinta, come una nuova legge regionale come nel 1997. Ma non basta. Oggi siamo in ritardo, siamo il vagoncino di coda delle regioni. Toscana e Veneto hanno lavorato per sviluppare il giornalismo del web per chi crea posti di lavoro effettivi. Il Jobs Act non aiuta le professioni intellettuali. Da noi co.co.co e partita iva resteranno così. Sono problemi. E da soli non ce la possiamo fare. Non vogliamo assistenzialismo, non ci sono mezzi: ma ragionando insieme su qualche ambito di intervento, si deve lavorare per interrompere questo trend".
Raffaele Lorusso, segretario Fnsi
"Contributi pubblici: non funziona il tutto a tutti. Con i finanziamenti a pioggia abbiamo creato mostri e illusioni. In Italia ci sono ora 500 tv locali. Non si reggono. In Germania sono 40. Bisogna creare dei meccanismi di sostegno trasparenti e stringenti. Non basta il durc, l'imprenditore deve essere in regola con il pagamento degli stipendi".
Lorusso sulla possibile chiusura delle redazioni del Messaggero di Pesaro e Ascoli: "L'editore del Messaggero è fra coloro che utilizzano molto più degli altri il macete, sa declinare molto bene il verbo tagliare a tutti i livelli. La situazione marchigiana si inserisce in un discorso romano, ha chiesto 20 prepensionamenti. La situazione sarà affrontata al tavolo, quando si entrerà nel merito di una ristrutturazione complessiva. Nell'ambito della libertà di impresa c'è anche la possibilità di tirare giù la saracinesca. Noi riteniamo di avere gli argomenti per spiegare l'inutilità e la dannosità di questa loro scelta. L'editore non ha colto le potenzialità dell'informazione locale".
Lorusso sull'Equo compenso: "Legge scritta malissimo e declinata peggio. Ma la strada da seguire è sempre quella negoziale, con gli editori. C'è l'inizio di un percorso, l'accordo di giugno, ma va riempito. Jobs Act? Noi prendiamo tutto il peggio. L'unico elemento positivo per noi non vale in quanto categoria professionale. Se si riuscisse a modificare: tra le zero tutele di oggi e le tutele crescenti, sarebbe già meglio. Mi riferisco a co.co.co che prendono 1000-2000 euro. A quelli si potrebbe dare una tutela piena".
Franco Elisei, caposervizio Messaggero Pesaro
"Abbiamo 34 fuoriscite, si colpiscono pensatemente le periferiche e questo è legato alla chiusura delle redazioni periferiche. Prima della crisi eravamo 300 unità complessive al Messaggero, oggi siamo 132. Oggi un solo redattore si occupa di 3-4 pagine. I collaboratori vengono sottopagati. Dal punto di vista sindacale siamo al minimo del potere contrattuale".
La risposta di Lorusso: "Nessuno pensa che sia possibile tornare a settori passati, i modelli si devono poter reggere. C'è una crisi di rappresentanza nel paese, è la crisi dei corpi intermedi iniziata con i partiti. E questa la subiamo anche noi. Come si affronta? Ragionando con gli editori ma nel complesso. Devi parlare di inclusione, anche per evitare vertenze. Piuttosto che sprecare risorse nei contenziosi giudiziari parliamo di nuove qualifiche da portare dentro i giornali".
Francesco Verducci, senatore e vicepresidente commissione parlamentare di vigilanza e indirizzo Rai.
“Per la prima volta dopo tanti anni il Governo ha voluto mettere al centro dell'agenda il rilancio della Rai. Il servizio pubblico ha perso la sua identità. Riforma complessiva: vogliamo farla entro l'anno, vogliamo un nuovo sistema della convergenza, vogliamo dare un nuovo assetto alla Governance. La Rai ha perso merito e qualifica. Serve una filiera di guida forte, che possa decidere: una società con un amministratore delegato che abbia pieni poteri. Perché non fondazione stile BBC? Non abbiamo tempo di farlo. Il rinnovo del nuovo consiglio arriva fra tre mesi. Andrà ridotto il numero di consiglieri: diventa più autorevole e meno soggetto a invasioni varie. Commissari indicati dal Parlamento. La Commissione deve avere un compito più politico, di indirizzo, che non... sulle ospitate o sui conduttori".