Il parere del Consiglio di Stato sulla riforma previdenziale Inpgi
E’ illegittimo che la Fieg, utilizzando in modo improprio il Decreto Leg.vo 509/94, abbia tenuto bloccata da luglio 2005 ad oggi la riforma previdenziale dell’Inpgi. Ciò non è affatto previsto dalla legge, che affida alle Parti sociali un diritto partecipativo, non un indefinito potere di veto in merito alle delibere su contributi e prestazioni degli enti privatizzati, quale è l’Inpgi. Questa la sintesi del parere reso dal Consiglio di stato cui il Ministro del lavoro si era recentemente rivolto, dopo che lo scorso 28 febbraio l’Inpgi aveva deliberato rilevando: 1) che il blocco imposto dalla Fieg alla riforma previdenziale dell’Ente era immotivato; 2) che di conseguenza il Ministero del lavoro era nella condizione prevista dalla legge per rendere esecutiva, dopo quasi due anni di attesa, la riforma stessa. Il parere del Consiglio di stato dedica anche particolare e critica attenzione al comportamento tenuto dalla Fieg, la quale dopo aver approvato il 30 giugno 2005 la riforma previdenziale dell’Inpgi ha impedito che essa diventasse operante, rifiutando di esprimere in sede sindacale un parere che i suoi rappresentanti nel CdA dell’Ente avevano reso inequivocabilmente. E con tale atto provocando un danno al futuro patrimonio dell’Inpgi che l’attuario ha calcolato in 20 milioni di euro per ogni anno di ritardo. Il parere del Consiglio di stato sottolinea anche che la legge è monca e lacunosa, e va quindi al più presto adeguata prevedendo un termine per l’espressione della determinazione. Nel caso dell’Inpgi tuttavia essendo stata nel frattempo posta in essere dall’Istituto l’intera procedura delineata dal parere del Consiglio di stato (diffida e adozione definitiva della delibera) non esistono più ostacoli di natura procedimentale all’approvazione della delibera stessa. Un intervento chiaro, efficacemente e giuridicamente argomentato, che elimina ogni dubbio sulla facoltà del Ministero vigilante di poter intervenire per ripristinare la legalità: al fine di evitare che la legge sia utilizzata come arma di pressione contro un ente previdenziale (l’Inpgi nel caso di specie) inviso per la rigorosa attività ispettiva, e contro una categoria (i giornalisti) che lotta da due anni per conquistare il diritto a discutere il rinnovo del proprio contratto.