FNSI: un bavaglio alla stampa che l'Europa non ha mai chiesto
"La Federazione nazionale della Stampa italiana è assolutamente contraria a questo schema di decreto
legislativo perché siamo convinti rappresenti un ulteriore passo nella direzione della limitazione di
quegli imprescindibili bilanciamenti fra poteri che caratterizzano uno Stato di diritto". Lo hanno ribadito
Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente Fnsi, oggi in audizione in
commissione Giustizia alla Camera sullo schema di decreto per l'adeguamento della normativa
nazionale alle disposizioni della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di non
colpevolezza.
Per il sindacato dei giornalisti si tratta di "un ulteriore intervento finalizzato a smantellare quei
contropoteri, in questo caso l'informazione, che rendono viva e vitale la democrazia". Un bavaglio che,
"più che tutelare la presunzione di innocenza, sembra voler stringere ancora di più le maglie della libertà
di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati previsto dall'articolo 21 della Costituzione".
Quel che serve, al contrario, è "più trasparenza e non meno, più informazione, anche a tutela dei diritti
dell'indagato".
Costante e Di Trapani hanno quindi evidenziato che "affermare, come fa il Legislatore, che le modifiche
al Codice di procedura penale sono coerenti con il dettato della direttiva Ue è sbagliato: l'Europa pone
obblighi e divieti non a carico della stampa, che anzi ne è esclusa, ma a carico dei rappresentanti delle
istituzioni, politici, parlamentari. L'Europa non chiede di vietare la pubblicazione delle ordinanze di
custodia cautelare. Chiede di tutelare il lavoro dei cronisti, di difendere il ruolo dell'informazione, ad
esempio, dalle azioni legali bavaglio, le cosiddette Slapp, chiede di completare il processo sull'equo
compenso. Ma su questo il Legislatore non fa nulla".
E invece, "obbligando il giornalista a dare la notizia facendo una sintesi del provvedimento del giudici -
hanno aggiunto i vertici della Fnsi - lo si espone al rischio di cause per diffamazione e a richieste di danni.
Un quadro aggravato dal combinato disposto tra questa norma e la riforma della diffamazione che
prevede sanzioni pecuniarie spropositate. A farne le spese saranno soprattutto i giornalisti freelance,
quelli che guadagnano meno di 20mila euro l'anno".
Infine, "c'è un dibattito sotterrano che sta emergendo sull'aumento delle sanzioni nel caso vi sia
un'ondata di obiezione civile a questo provvedimento. È una cosa pericolosissima, che ancora una volta
andrebbe a danno in particolare dei colleghi lavoratori autonomi, la parte più debole della categoria. I
giornalisti - hanno concluso Costante e Di Trapani - hanno già un vasto codice deontologico che l'Ordine
professionale è tenuto a far rispettare in caso di comportamenti che vanno oltre il diritto di cronaca".